Il 25 gennaio 2017 Transparency International ha pubblicato la nuova edizione del Corruption Perception Index (CPI) per l’anno 2016. L’indicatore misura la percezione della corruzione nel settore pubblico in 176 diversi Stati, su una scala che va da 0 (molta corruzione) a 100 (poca corruzione). L’indice è il risultato di una sintesi di diversi altri indicatori e sondaggi, dai quali sono state estrapolate le Informazioni riguardo la percezione della corruzione in ambito pubblico.
Il quadro che emerge quest’anno non è rassicurante. Il 69% dei Paesi hanno ricevuto un punteggio minore di 50, e in generale sono più i Paesi che sono peggiorati rispetto a quelli che sono migliorati.
Al primo posto, a pari merito, si trovano Danimarca e Nuova Zelanda (90) seguite dalla Finlandia (89) e dalla Svezia (88). La Somalia continua ad occupare l’ultimo posto con un preoccupante punteggio di 10 punti.
Viene confermato il quadro in cui i Paesi dotati di una solida struttura democratica (governo, libertà di stampa, potere giudiziario indipendente, libertà civili) riescono ad arginare meglio le pratiche corruttive, e ad assicurare tali reati alla giustizia. Gli Stati che si sono mossi in questa direzione hanno infatti sperimentato un miglioramento del proprio punteggio (come la Georgia).
La corruzione invece dilaga ove queste strutture sono deboli, dove non c’è volontà politica di combattere questo fenomeno. Risulta sempre più evidente come la corruzione sia un importante mezzo di allacciamento tra mondo politico e imprenditoriale, usato laddove gli interessi di queste realtà si incontrano. Come abbiamo visto nella mostra “Hunting the stolen billions” tenutasi a dicembre presso la Kunsthaus Somos, l’uso sistematico della corruzione ad alti livelli governativi canalizza ingenti quantità di denaro fuori dalle casse del Paese interessato, facendo innescare un circolo vizioso che contribuisce al suo impoverimento e alla acutizzazione delle ineguaglianze. Le conseguenze sono più ampie e profonde di quanto possa sembrare: ne risentono i diritti umani, viene frenato lo sviluppo sostenibile e fomentata l’esclusione sociale. Chi trae vantaggio da questa situazione sono i movimenti politici populistici, con la loro retorica contro le classi dirigenti “che rubano” e la promessa del ritorno del potere nelle mani del popolo. La storia, anche contemporanea, ci insegna però come siano proprio i governi populistici a innescare nuovi circuiti di corruzione, in cui nuovamente mondo politico e imprenditoriale gestiscono le proprie cointeressenze.
Emerge con evidenza come l’impegno volontario di cittadinanza attiva e le iniziative a livello nazionale non possono essere sufficienti per combattere un fenomeno che si svolge sempre più su un piano transnazionale. Nemmeno il perfezionamento tecnico degli strumenti legislativi anti-corruzione è abbastanza. Transparency International sottolinea l’urgenza di profonde riforme del sistema atte a livellare diseguaglianza e distanza tra cittadini e governanti, che quindi mettano in grado i cittadini di controllare l’operato delle classi dirigenti e che permettano una efficace persecuzione dei reati di corruzione. L’associazione nomina, tra le altre riforme, l’introduzione dei registri dei “beneficial owners” delle imprese, come anche sanzioni per i professionisti che facilitano il trasferimento all’estero del denaro frutto della corruzione.
LA GERMANIA
La Germania conferma la posizione numero dieci, con 81 punti su 100. Tra i Paesi europei é la numero cinque. Nonostante ciò, a un’analisi più approfondita i risultato è comunque allarmante. Soprattutto nell’economia le cose non sembrano andare particolarmente bene: l’integrità del Paese potrebbe essere a rischio. Secondo l’Executive Opinion Survey redatto dal World Economic Forum e inserito tra le fonti del CPI, i manager tedeschi reputano sempre più normale il fatto di prestare “pagamenti irregolari” alle amministrazioni. Un simile quadro viene dipinto da indagini svolte da diversi soggetti indipendenti, come KPMG o PricewaterouseCoopers, che effettuano regolarmente degli studi sulla criminalità economica nel Paese.
L’ITALIA
L’Italia guadagna tre decisivi punti, da 50 a 47, e conquista la posizione 60, un posto in più rispetto all’anno precedente. In Europa rimane comunque un fanalino di coda, peggio di lei fanno solo Grecia e Bulgaria. In occasione della presentazione del CPI 2016, il presidente di Transparency International Italia, Virginio Carnevali, e quello dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione, Raffaele Cantone, hanno firmato un protocollo d’intesa in materia della segnalazione di illeciti economici da parte dei dipendenti pubblici.
È importante sottolineare che si tratta di un’indagine sulla percezione della corruzione, e non quindi una quantificazione precisa del dilagare del fenomeno. Una maggiore percezione non è direttamente riconducibile a una maggiore presenza del fenomeno, ma indica invece una maggiore sensibilità del cittadino rispetto ad essa. Una minore sensibilità può condurre a una notevole sottovalutazione del fenomeno. Ovviamente, una proporzionalità tra le due misure – oggettiva e soggettiva – esiste, ma le due grandezze non sono da confondere.
Mentre Transparency International si occupa di quantificare la percezione della corruzione in ambito pubblico, il progetto PCB – Private Corruption Barometer, di cui Mafia? Nein, Danke! è partner,