Lo smercio di olio extravergine d’oliva contraffatto: 33 arresti tra gli Stati Uniti e la Calabria

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La contraffazione alimentare di prodotti italiani all’estero è un business notevolmente proficuo. Basti pensare al valore dell’export di cibo italiano del 2016: 38 miliardi di euro sono entrati nelle casse italiane grazie alle vendite all’estero di vino, formaggi, olio e prodotti ortofrutticoli, secondo la Coldiretti. Il cibo targato “made in Italy” funziona e la criminalità organizzata ne è consapevole. La cosiddetta “Agromafia” non è nuova: già nel 2011 Coldiretti stimava un introito di circa 12,5 miliardi di Euro, cifra approssimata al ribasso, per la vendita all’estero di prodotti alimentari contraffatti. Mozzarella di bufala campana prodotta nel Nord Italia e con latte scadente e/o annacquato, ma etichettata “Campana DOP”, vino contraffatto con miscele illecite o etichette fallaci (i marchi IGP e DOP utilizzati impropriamente per aumentare le vendite), pesce ri-confezionato e ri-etichettato, modificandone la data di scadenza.

Il rapporto di Legambiente e Movimento a Difesa del Cittadino “Italia a Tavola 2013. Rapporto sulla Sicurezza Alimentare” abbonda di casi e tratteggia un’immagine preoccupante sulla dimensione del fenomeno. Oltre 50 diversi clan mafiosi sono implicati nel business e una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori su cosa si acquista e dove deve accompagnare i controlli effettuati dalle autorità.

A fine Gennaio 2016, 33 appartenenti al clan Piromalli della ‘ndrangheta calabrese sono stati arrestati tra la Calabria e la Lombardia proprio per frode alimentare internazionale. I Piromalli sono inoltre uno storico clan che si è da tempo insediato nella criminalità internazionale, con numerose attività illecite oltre i confini italiani. Questa volta, a farne le spese sono stati i consumatori statunitensi: gli scaffali di Walmart ed altri simili grandi distributori hanno ospitato litri di olio contraffatto, etichettato come “Olio d’Oliva DOP” ma in realtà olio di sansa, proveniente dalla Grecia, dalla Turchia o dalla Siria. La catena di montaggio era piuttosto articolata. L’olio veniva ricevuto in Calabria, dove il clan si occupava di una breve lavorazione. Successivamente veniva spedito negli Stati Uniti, come olio di sansa, e lí le cellule del clan attive sul luogo si impegnavano a cambiarne le etichette e a rivederlo come un prodotto di qualità di molto superiore.

Il clan dei Piromalli è conosciuto per la sua espansione internazionale e nel Nord Italia. Negli Stati Uniti, l’uomo di riferimento sarebbe Rosario Vizzari, cittadino americano e conoscenza di lunga data di Antonio Piromalli. Lui sarebbe il responsabile principale dei contatti con le mafie statunitensi, così come con la Olive Oil Company, essendo presidente della “Global Freight Service inc”, compagnia che si occupa del trasporto di beni di consumo ai supermercati. In ogni caso, la collaborazione con le forze dell’ordine americane è ottima. Gli Stati Uniti rimangono consapevoli dell’enorme problema causato dalla frode alimentare, sopratutto per quanto riguarda lo smercio di olio extravergine d’oliva contraffatto. Un produttore di olio siciliano negli USA, Nicola Clemenza, ha creato un consorzio che riunisce più di 200 aziende produttrici di olio legale.  In un’intervista data all’agenzia di informazione americana CBS ai primi di Gennaio, racconta delle intimidazioni ricevute: “Il giorno in cui ho avviato il consorzio, mi hanno bruciato la macchina, hanno bruciato parte di casa mia, mentre ero dentro con mia moglie e mia figlia”.

Il giornalista investigativo Tom Müller stima che il 70-80% dell’olio extravergine d’oliva nei mercati statunitensi sia contraffatto: “ É difficile dire quante gocce di olio abbiano sangue mafioso”, racconta a CBS.

Dato lo stato delle cose, la parola e l’azione riguardano in primo luogo i consumatori, che, a fronte delle contraffazioni, possono sentirsi inermi in un meccanismo difficile da controllare. L’aumento delle frodi è legato indissolubilmente non solo alla voglia di profitto della criminalità organizzata, che da organizzazione imprenditoriale illegale sa bene dove trovare il business migliore, ma anche agli effetti devastanti della crisi economica. Con la diminuzione del potere d’acquisto della classe media, si va alla ricerca del prodotto meno costoso ed all’apparenza migliore. I prezzi stracciati su prodotti sedicenti “DOP” invitano all’acquisto immediato, nella convinzione di aver appena fatto un affare. Ma ogni prodotto di buona qualità ha un costo, che deve coprire non solo la qualità della materia prima, ma anche il giusto trattamento dei lavoratori e le sue legali spese di produzione. Questa consapevolezza è una delle poche armi di un consumatore cosciente, insieme alla fiducia accordata a marchi notoriamente mafia-free.