Tra la Germania e l’Italia: annullata la custodia cautelare per l’ ‘ndranghetista Domenico Nesci

Cassazione

La Cassazione ha deciso: Domenico Nesci, 49 anni e uno dei principali boss del clan ‘ndranghetista di Fabrizia (provincia di Vibo Valentia, Calabria) e Rielasingen (Baden-Württemberg), non necessita di custodia cautelare in carcere. Il provvedimento era stato inizialmente emesso dal gip distrettuale di Reggio Calabria nel febbraio 2015 ed era stato annullato già nel maggio 2016, per poi essere nuovamente ordinato dal Tribunale del Riesame. Si tratta quindi del secondo annullamento di custodia cautelare per Nesci.

Il provvedimento rientra nel processo in corso al Tribunale Collegiale di Locri in seguito all’operazione “Rheinbrücke”, avviata nel luglio 2015 grazie ad una stretta collaborazione tra i Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e il Landeskriminalamt. L’operazione mirava a scardinare le ‘ndrine presenti in Germania, in particolare nei paesi di Rielasingen, Engen, Singen e Ravensburg, tutti comuni in Baden-Württemberg. In seguito all’operazione erano state emesse 12 ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa aggravata dalla transnazionalità dei reati. Tra gli arrestati Antonio C., capo della ‘ndrina di Rielasingen e Domenico ‘Mimmo’ Nesci, suo vice, così come Achille Primerano, già noto alle forze dell’ordine dal 2009 (Operazione ‘Santa’) e nuovamente sotto arresto; sarebbe infatti un ‘ndranghetista di primo ordine, capace anche di ordinare i nuovi membri del clan.

L’operazione “Rheinbrücke” ha rappresentato il proseguimento dell’operazione “Helvetia”, avviata nel 2012, la quale si era focalizzata sulla presenza mafiosa in Svizzera. Quest’ultima ha confermato la diffusione del modello ‘ndranghetista fuori dai confini nazionali italiani, facendo luce sulle strutture dei clan all’estero e sui loro stretti contatti con la Calabria. L’operazione ha portato a 18 arresti in terra svizzera, tutti membri dell’articolazione territoriale denominata “Società di Frauenfeld (Svizzera)” – dipendente dal clan “Crimine di Polsi” e con collegamenti alla “Società di Rosarno” ed alla “Locale di Fabrizia (Vibo Valentia)”.

Alla luce di tali precedenti e del radicamento dei clan in Svizzera e Germania, l’annullamento della custodia cautelare per Domenico Nesci risulta sorprendente. La motivazione addotta dai giudici della Cassazione riguarda la presunta mancanza della “effettiva e riscontrabile capacità di intimidazione che deve essere percepita nel luogo ove opera il sodalizio (…)”. Si tratta dunque del problema della “mafia silente”, quella che opera all’estero e che dunque utilizza mezzi ben diversi da quelli riscontrabili nei territori d’origine. Il problema è anche giuridico ed era già stato dibattuto, ma non risolto, dalle Sezioni Unite della Cassazione in occasione dell’operazione ‘Helvetia’. La domanda è fino a che punto si possa applicare l’articolo 416bis – nel codice penale italiano tale articolo regola l’associazione a delinquere di stampo mafioso – nel caso di clan operanti all’estero, mancando ad essi la forza di intimidazione e la condizione di assoggettamento e di omertà del territorio in cui operano.

Si attende adesso la prossima udienza del processo che determinerà le condanne definitive ai 12 imputati.