La ‘ndrangheta sa bene come utilizzare la vantaggiosa struttura giuridica tedesca – e questo non solo per riciclare i soldi della droga e i capitali provenienti da attività criminali nell’economia legale in Germania. Purtroppo, vale anche quando si tratta di impedire a giornalisti seri di scrivere riguardo a mafiosi e loro sostenitori. E purtroppo, anche in questo caso, le organizzazioni mafiose hanno grande successo. Questo è quanto hanno dovuto subire tre giornalisti, autori di un contributo per MDR, con cui denunciavano l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta a Erfurt e i loro traffici transnazionali. La sentenza del tribunale di Dresda (Oberlandesgericht), obbliga adesso la MDR a non diffondere le informazioni nella forma attuale.
A Erfurt ormai quasi nessuno nega la presenza di un gruppo di ‘ndrangheta. Le dimostrazioni vengono dalle indagini italiane, e sono riconosciute anche dagli esperti sulle mafie delle istituzioni investigative federali (Bundeskriminalamt). Il problema in Germania è solo poterne parlare. Se si rimane sul generico, come nel presente articolo, il rischio rimane basso. Ma quando i giornalisti vogliono segnalare i coinvolgimenti criminali di una o più persone, corrono subito il pericolo di essere trascinati dalle stesse persone in tribunale. Perché funziona così?
Un principio base del giornalismo tedesco sostiene che ogni persona accusata pubblicamente di qualcosa – solo sulla base di fatti e non di voci di corridoio –, deve avere sempre la possibilità di controbattere. “Konfrontieren”, confrontarsi: questo il nome del procedimento in gergo giornalistico. Nel raccontare le mafie questa regola risulta un po’ meno agevole e gradevole, soprattutto se si pensa che le mafie, in Italia, hanno ucciso molti giornalisti e che in Germania, comunque, numerosi sono già stati minacciati. Ce ne sono purtroppo molti esempi su tutto il territorio. Nonostante ciò, gli autori del pezzo per MDR hanno scelto di compiere questo passo. E sono stati portati in giudizio. Ma ritorniamo adesso alla locale di Erfurt, anche da un punto di vista storico.
Il BKA ha indagato e accertato già da molti anni gli intrecci della ‘ndrangheta. Dopo i sei omicidi di Duisburg nell’agosto 2007, la polizia tedesca intensificò la vigilanza. Tramite queste operazioni, arrivarono alle stesse persone, che adesso vengono descritte come appartenenti a gruppi ‘ndranghetisti. Come sono arrivati a queste persone?
La polizia indagò sugli esponenti dei clan che avevano preso parte agli omicidi di Duisburg. Si scoprì che si trattava del conflitto tra il clan Romeo-Pelle-Vottari contro quello dei Nirta-Strangio. Entrambi clan originari di San Luca, una cittadina della Calabria tristemente famosa per l’altissimo tasso di abitanti affiliati alla ‘ndrangheta. Negli anni novanta iniziarono gli scontri tra i due gruppi, e nel 2006 lo scontro si inasprì nuovamente. I sei omicidi di Duisburg fanno parte di questo conflitto. Con questi omicidi, un commando di killer di San Luca annullò la festa che seguiva l’affiliazione di una delle vittime. Nel frattempo, i responsabili sono stati arrestati.
Il proprietario dei locali in cui la ‘ndrangheta celebrò questa cerimonia – quasi sacra – di affiliazione, lasciò presto quel ristorante per trasferirsi a Erfurt, dove ha aperto diversi altri ristoranti, tra cui locali con una privilegiata posizione centrale. Gli italiani considerano questo ristoratore un membro della mafia. Gli investigatori italiani e tedeschi hanno per lungo tempo indagato sulla rete in cui egli è coinvolto, e non hanno dubbi sul fatto che l’uomo abbia relazioni mafiose. Successivamente infatti ha aperto in Germania, come socio, altri ristoranti. La polizia ha notato come, anche nel caso di locali di cui ufficialmente era solo il gestore, il soggetto abbia sempre ristrutturato –dispendiosamente – a spese proprie gli immobili. Senza contare che il gruppo mafioso a cui il ristoratore è collegato, secondo le informazioni della polizia, operava già in alcune pizzerie situate nella Germania Ovest, che funzionavano da centro di smistamento della droga.
Nel frattempo, le forze di sicurezza italiane si sono anche interessate agli investimenti internazionali della locale di Erfurt. Secondo le indagini degli investigatori italiani, tramite complicate transazioni finanziarie i soldi riuscivano ad arrivare da Erfurt all’Italia, e con questi sarebbero stati comprati anche alcuni locali a Roma. In soli due anni sarebbero stati trasferiti 15 milioni di euro. I capitali provenienti da Erfurt sono stati rintracciati anche in altri paesi europei, investiti in altri ristoranti. Nel complesso, gli inquirenti stimano che gli investimenti che passano per le mani degli ‘ndranghetisti di Erfurt ammontano a centinaia di milioni di euro, in Germania e in Europa. Questo dimostra l’importanza delle indagini e dei rapporti investigativi, non solo – ma in particolare – sulla cellula di Erfurt. Soprattutto sui i singoli membri che potrebbero appartenere alla ‘ndrangheta o sostenere i clan.
Da decenni si muovono in un ambiente mafioso
In breve: i membri del gruppo di Erfurt sono con grandissima probabilità legati alla mafia, soprattutto perché da decenni si muovono in un ambiente mafioso. Tuttavia in Germania ciò non è mai stato provato in un tribunale. E per una semplice ragione: in Germania non è reato essere membro di una organizzazione mafiosa (come non è reato in tutti i paesi europei tranne che in Italia). La conseguenza è che la questione dell’appartenenza a clan mafiosi non ha alcuna importanza. Quindi in Germania, in senso giuridico, non esistono mafiosi, ad eccezione delle persone che sono state condannate da un tribunale italiano per la loro appartenenza alla mafia.
Contemporaneamente, le persone che vengono pubblicamente accusate di appartenere alla mafia possono facilmente rivolgersi ai tribunali per diffamazione. Chi scrive di mafia e di mafiosi corre facilmente il rischio di essere incriminato. È possibile anche essere accusati di calunnia, ovvero la diffusione volontaria di informazioni false nei riguardi di qualcuno.
Di fatto, questo sistema legislativo ha come conseguenza che in Germania, i mafiosi, non solo possono svolgere indisturbati i loro traffici milionari, ma non devono neanche preoccuparsi delle indagini dei giornalisti. Bisogna riconoscere che, purtroppo, la mafia ha le leggi tedesche dalla propria parte. Questo, tra l’altro, si verifica in molti aspetti: fino ad oggi la polizia non ha ancora mezzi sufficienti per verificare a dovere la provenienza dei capitali finanziari.
Con una prospettiva di lungo periodo, queste condizioni si rivelano molto pericolose per la società e l’economia tedesche: si permette che immensi profitti provenienti da attività illecite mafiose siano introdotti indisturbati nell’economia locale – anche quando gli investitori fanno parte di una rete che è dichiarata chiaramente criminale in un altro paese.
Per questo c’è, di base, solo una soluzione: l’appartenenza ad una organizzazione criminale mafiosa deve essere rapidamente criminalizzata. Solo così si può dare la possibilità ai giornalisti di strappare le maschere di legalità apparente dalle facce dei mafiosi, rallentando l’infiltrazione della mafia nella società ed economia tedesca. Ciò richiederà anche un monitoraggio decisamente più attento e coordinato dei flussi globali di capitali, altrimenti la criminalità organizzata continuerà a giocare con le forze di polizia dei rispettivi paesi.
Se la sentenza contro i tre giornalisti di MDR servisse a denunciare quanto l’attuale configurazione giuridica non solo limiti, ma renda praticamente impossibile svolgere giornalismo investigativo, il giudizio del tribunale sarebbe almeno servito a qualcosa.