Stasera il canale ARD manderà in onda un telefilm Krimi, una commedia poliziesca in cui i cattivi sono un gruppo di mafiosi calabresi (Harter Brocken: Die Fälscherin, 20:15 Uhr). Noi ne abbiamo parlato con l’attore berlinese Stefano Cassetti che ha interpretato il ruolo di uno dei tre mafiosi.
Stefano, sei un attore italiano e hai interpretato un ruolo in un telefilm tedesco: com’è stata questa esperienza?
È stata un’esperienza molto piacevole, divertente quasi, davvero una bella squadra. Lavorare in Germania è sempre molto bello. È un telefilm che parla della mafia calabrese in Germania con un occhio però sempre molto accondiscendente e divertito a cui siamo ormai purtroppo abituati in Germania. Credo che dopo questo momento divertente, quando stasera i tedeschi spegneranno i televisori, dovranno forse tenere presente ancora una volta che la mafia non è quella che è andata in onda, ma che è tutt’altro. Che é molto più pericolosa, meno aggressiva e più nascosta nel mercato e nell’economia tedesca. Sicuramente é una Mafia che non usa la pistola, ormai da tanti anni e sopratutto in Germania.
Come ti spieghi che in Germania esista ancora questa tendenza a vedere i clan delle mafie italiane come qualcosa di folkloristico, addirittura divertente?
È decisamente una prospettiva sbagliata. Io trascorro molto tempo in Germania da diversi anni, ho molti amici e conoscenti di nazionalità tedesca che sono letteralmente affascinati dal mondo mafioso attraverso e a causa di grandi film e serie come il Padrino, i Sopranos e tanti altri. In Germania la narrazione cinematografica-televisiva sul tema ha veramente plasmato una concezione comune. È un aspetto che è molto conosciuto anche in Italia ma in Germania manca completamente la cronaca di tutti i giorni, mancano i libri-inchiesta, gli approfondimenti in tv, le cronache quotidiane delle inchieste dei processi e delle condanne. Mancano i grandi pentiti e i maxi processi. Tutta la coscienza storica collettiva sulla mafia degli anni 70, 80, 90 non esiste. Quindi il tedesco medio conosce la mafia solo attraverso la televisione o il grande schermo. Dovremmo riuscire a far capire che la mafia di oggi – sopratutto in Germania – non è più la mafia che usa le pistole, gambizza e ammazza il nemico, ma è la mafia che s’infila nei mercati finanziari, nelle borse, nei cantieri dell’edilizia, nel mercato immobiliare, nella ristorazione. Questo è un problema molto grave ma è difficile far passare questo tipo di ragionamento. Questa rappresentazione oggettiva della mafia non è vendibile, non è commerciale: è molto più facile cavalcare questa moda della mafia e del mafioso che combatterla.
Tu sei cresciuto in Italia. Nella tua gioventù, potresti raccontarci come sei stato sensibilizzato sull’argomento?
Da quando ho vent’anni sono molto appassionato, quasi ossessionato, dalla politica italiana e quindi gioco forza anche dall’aspetto mafioso o comunque criminale. Sono 25-26 anni che leggo i giornali tutti i giorni e mi sembra importante agire (e votare) da cittadino informato e cercare anche di comunicare a quelli che sono intorno a me i problemi più rilevanti, le grosse falle della politica e della giustizia italiana. Il mio interesse per il tema nasce da questa consapevolezza, dal mio allarmismo se vuoi, da quello che ho imparato giorno per giorno e che poi ho approfondito sia con documentari che tramite libri-films come Gomorra. È un percorso personale, non ho avuto nessun tipo di insegnante, nessun corso di scuola che mi abbia aiutato in questo senso. La grossa spinta che ho avuto è stata sicuramente rendermi conto che la mafia ha un’influenza reale e ha influenzato la politica arrivando fino in parlamento per decenni. Fino a qualche anno fa in parlamento c’era un giovane deputato che ripeteva spesso il suo imbarazzo nel vedere seduto accanto a sé colui che, decenni addietro, non era altro che il conducente personale di Totò Rina. Stiamo parlando di queste realtà, cose incredibili a dirsi, però effettivamente se si guardano le inchieste, i processi e le sentenze è tutto vero.
Secondo te riportare allora un’immagine sbagliata della mafia aiuta comunque la causa dell’antimafia perché la gente ne viene a conoscenza o la danneggia?
No, riportare un’immagine sbagliata della mafia sicuramente aiuta la mafia, non l’antimafia. Lo vedo anche sotto casa mia a Berlino: ci sono spesso dei ragazzini che mi hanno riconosciuto in qualche film in cui ho una pistola in mano e faccio il mafioso e sono per questo un pò il loro idolo. Capisco che una persona che va in televisione fa un certo effetto, é normale. Ma loro sono affascinati proprio dal fatto che io impersoni un mafioso. Sono galvanizzati da quei ruoli e quindi si complimentano con me. Se mi vedessero nel ruolo di un padre di famiglia, un dottore in ospedale o di un avvocato, non avrebbero lo stesso calore, quel calore e quella empatia che esce solo quando hai davanti il tuo eroe. Insomma, sicuramente non aiuta l’antimafia.