Il narcotraffico e attori criminali sudamericani

Nogales Cbp Seizes More Than $1 Million In Meth And Cocaine (30702058460)

Lucia Capuzzi, giornalista dell’Avvenire e grande esperta di Sud America, è intervenuta con un’interessante contributo in occasione della quarta edizione di “Contromafie” ad inizio febbraio 2018: il tema era incentrato sul narcotraffico e sui cartelli della droga messicani. L’intervento ci invita ad allargare lo sguardo anche ad altri attori criminali, che sono però in connessione con quelli europei e che con loro collaborano. E’ importante qui ricordare che l’ˋndrangheta è stata definita nell’ultima relazione della Commissione parlamentare antimafia egemone nel campo della cocaina e vicina ai narcotrafficanti sudamericani, con cui da tempo ha instaurato rapporti privilegiati e dove ha creato delle cellule strategiche per gestire al meglio il mercato degli stupefacenti.

L’America Latina è un continente solo formalmente in pace ma che in realtà nasconde tassi così alti di violenza pari quasi a una vera e propria epidemia: nel continente vive il 9% della popolazione mondiale ma è il territorio dove si concentrano , secondo le statistiche ufficiali, il 33% degli omicidi mondiali. Il 2017 ha battuto il record di violenza di sempre: in Messico si sono, registrati più di 25.000 omicidi, con una media di 80 uccisioni al giorno.

E’ questo il contesto in cui le organizzazioni criminali si muovono, sfruttando per i loro traffici illeciti il più grande mercato sommerso del continente, quello del narcotraffico. In Sud America si trovano infatti tre degli stati più importanti al mondo per produzione di cocaina: la Colombia, il Perù e la Bolivia. Inoltre, soprattutto in Messico, si producono oggi ingenti quantità di cannabis ed eroina, quest’ultima principale responsabile dell’attuale emergenza droga negli USA. I cartelli della droga messicani stanno sempre di più monopolizzando il mercato degli stupefacenti verso il Nord con gli Stati Uniti e stanno diventando attori importanti anche verso il Sud, gestendo i rapporti con i trafficanti colombiani; inoltre, i cartelli messicani hanno ampliato il proprio business verso l’Europa, il cui mercato è gestito principalmente dall’ˋndrangheta e da Cosa Nostra, con cui hanno instaurato rapporti di fiducia. I gruppi messicani sono entrati in contatto anche con Al Qaeda e Hezbollah attraverso lo smercio verso l’Africa e con le triadi cinesi per quanto riguarda la metanfetamina.

Il narcotraffico è l’attività principale dei cartelli messicani. Sul territorio i narcotrafficanti si muovono grazie a gruppi paramilitari che sono diventati il braccio violento dei cartelli; la droga viene poi esportata e consumata per la maggior parte in Europa e negli Stati Uniti, dove la domanda di stupefacenti non accenna a diminuire. I profitti derivanti dalla vendita di stupefacenti non servono più solo a corrompere e primeggiare, ma anche per accedere e sfruttare altri mercati, diversificando così i loro business. Uno tra quelli più redditizi al momento per l’America Latina è lo sfruttamento delle risorse naturali, in cui le organizzazioni criminali possono infiltrarsi. Non è un caso se in questo continente si conta il più grande numero di ambientalisti uccisi al mondo: occuparsi di questi temi e avvicinarsi a quest’ambito significa spesso opporsi ad interessi criminali milionari (secondo i dati riportati dall’ONG Global Witness sono 197 gli ambientalisti uccisi in Sudamerica solo nel 2017).

Perché quindi è importante porre lo sguardo anche sul narcotraffico in America Latina? La continua collaborazione con le mafie europee alimenta un circolo vizioso che permette ai gruppi criminali di sopravvivere e guadagnare grazie alla vendita di prodotti illegali. Con un enorme costo, per esempio, per la società civile messicana, che negli ultimi 10 anni si è trovata ad affrontare il triste fenomeno dei desaparecidos (35000 persone scomparse negli ultimi 10 anni in Messico). Il sequestro e la detenzione arbitraria di giovani da parte di gruppi criminali è un dramma che sta colpendo molte famiglie messicane; queste si ritrovano spesso inascoltate da parte delle istituzioni che avviano una vera e propria criminalizzazione della vittima al momento della denuncia da parte dei famigliari. L’identikit dei giovani scomparsi è sempre lo stesso: giovani uomini e donne, tra i 18 e i 32 anni. Le famiglie si sono quindi organizzate in associazioni per riuscire a ritrovare autonomamente i propri familiari e per chiedere in maniera corale una risposta da parte delle istituzioni: questo è ciò che fa l’associazione Fuerzas Unidas por Nuestros Desaparecidos en México (link), membro della rete internazionale di Libera, ALAS composta da diversi organizzazioni della società civile che si occupano di promuovere l’antimafia sociale lungo tutto il Centro e Sud America.