Operazione Stige: il filo conduttore tra Germania e Italia

Stige Klein

“Questa, per numero di arresti, è la più grande operazione contro la criminalità organizzata degli ultimi 23 anni”. Ecco com’è stata definita l’Operazione Stige da Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, il quale ha emesso il mandato di arresto per i membri del clan Farao-Marincola il 9 gennaio. Ma se le indagini sono partite dal sud Italia, le ramificazioni delle attività criminali del clan hanno superato da tempo confini geografici gettando luce, ancora una volta, sull’espansione dell’´ndrangheta sempre più a nord. I numeri e i luoghi coinvolti lo dimostrano: 169 gli arresti, due i paesi coinvolti, Italia e Germania, otto regioni italiane interessate (Calabria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Lazio, Toscana, Campania) e due Länder tedeschi (Hessen und Baden-Württemberg). Cinquanta i milioni di euro di beni sequestrati preventivamente.

Per riuscire in questa maxi-operazione gli sforzi sono stati congiunti, dimostrando quanto la collaborazione e un comune scopo possano dare i loro frutti: l’inchiesta, infatti, è stata coordinata dalla Procura di Catanzaro, con la collaborazione dei carabinieri del ROS e del comando provinciale catanzarese assieme alla polizia federale tedesca che ha effettuato gli arresti in Germania. L’operazione è stata facilitata dall’agenzia Eurojust, organismo europeo istituito nel 2002 con lo scopo di rafforzare la cooperazione giudiziaria e investigativa tra gli stati per contrastare la criminalità transnazionale all’interno dell’Unione Europea.

Per quanto riguarda la Germania, sono undici gli uomini arrestati durante l’operazione, dieci dei quali accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il dato interessante che troviamo leggendo diverse fonti e quotidiani italiani (in Germania i nomi e i dati completi degli arrestati non sono stati resi pubblici)  è il fatto che le persone arrestate e che operavano in Germania non provengono tutte dalle provincie crotonesi, ma alcuni di loro sono residenti e persino nate nelle regioni centrali tedesche, nello specifico da Bald Wildungen, Rotemburg e Kassel; tra i fermati anche un uomo nato a Monaco di Baviera e tutt’oggi domiciliato in Germania (vedi figura 1). Grazie all’ottima conoscenza del territorio e la rete stabile di contatti, gli uomini legati alla cosca Farao-Marincola agivano fino a quel momento indisturbati, intimidendo e imponendo a ristoranti e pizzerie, gestite in gran parte da calabresi, i “loro” prodotti, quelli decisi appunto dal clan. L’’ndrangheta, quindi, di fatto non è diventata anche europea? Che fosse anche un problema tedesco, questo lo si sapeva già da tempo. Nella figura 2 vediamo, invece, i luoghi dove secondo l’ordinanza del tribunale di Catanzaro gli uomini della cosca avevano negozi e ristoranti sotto la loro diretta influenza. Nello specifico, le città interessate sono Eiterhagen, Malsfeld, Borken, Spangenberg, Melsungen, Fritzlar, Felsberg, Hessisch Lichtenau, Frielendorf, Kassel e Bad Zwesten.

L’operazione Stige deve il suo nome al fiume dell’oltretomba descritto dai classici greco e latini, che, nelle tradizioni successive, s’identifica con corsi d’acqua fangosi e paludosi che accompagnerebbe l’ingresso nell’oltretomba; un’immagine che si presta benissimo all’´ndrangheta oggi. Sebbene gli arresti d’inizio gennaio abbiano lanciato un segnale importante anche in Germania, non hanno però sconfitto l’ndrangheta in toto, anzi. Come il clan Farao-Marincola ha agito indisturbato fino a quel momento, così tanti altri gruppi attivi in Germania hanno potuto trovare spazio di azione, studiando e infiltrando l’economia legale sempre più a nord fino ad arrivare nel cuore della Germania. Come Gratteri ha spesso ripetuto la Germania è uno dei territori più fertili per la criminalità organizzata. La ricchezza tedesca crea un’importante base per i traffici illeciti delle cosche mafiose e la mancanza di una chiara ed efficace legislazione contro questa realtà, va a creare un buco che le cosche non fanno fatica a sfruttare. L’adozione di misure e azioni comuni è quindi sempre più necessaria, quando si tratta di criminalità transazionale. Una tale operazione è, come ha detto Gratteri “da portare nelle scuole di magistratura per spiegare come si fa un’indagine per 416bis”.