Un eroe dell’antimafia, che da 40 anni continua a vivere nella memoria, è il giornalista e attivista Giuseppe Impastato, detto Peppino, che fu ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 a Cinisi, cittadina a pochi chilometri da Palermo. Impastato è uno dei circa due dozzine di giornalisti assassinati dalla mafia per il loro lavoro (il numero esatto è difficile da dare perché gli assassini e i mandanti non sempre sono stati identificati): In Italia, ad esempio, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono tra le vittime della mafia per aver svolto ricerche sui rifiuti e sull’esportazione di armi in Somalia. Non è chiaro quale ruolo abbia svolto la mafia nella loro morte violenta. Anche i servizi segreti potrebbero essere responsabili della loro morte, poiché vi era il rischio che il vivace commercio di armi per la Somalia, pagato anche con i fondi per gli aiuti allo sviluppo, venisse reso noto.
Impastato è diventato una figura eroicamente omaggiata degli attivisti antimafia. Aveva fondato una radio, “Radio Aut”, e nel suo programma aveva ripetutamente accusato il boss della mafia locale, Gaetano Badalamenti. Fu soprattutto Badalamenti a decidere che l’Impastato doveva morire.
I responsabili della sua morte la fecero sembrare in un primo momento un suicidio, facendo saltare il suo cadavere con del tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani: non fu possibile collegare quella linea interrotta dall’esplosione alla scomparsa di Impastato. Del resto in Italia quel giorno le attenzioni erano rivolte prevalentemente al ritrovamento del cadavere del leader della Democrazia Cristiana Aldo Moro e questo portò gli investigatori a pensare in un primo momento che Impastato avesse tentato di piazzare una bomba sulla ferrovia per eseguire un attentato terroristico: come ha raccontato il fratello Giovanni, oltre al dolore della perdita lui e la madre hanno dovuto subire l’umiliazione delle perquisizioni nella loro abitazione (furono perquisite anche le case della zia e degli amici).
Solo la determinazione della madre Felicia e del fratello ha permesso loro di non rendere sterile quella sofferenza e di fare luce sulla scomparsa di Peppino, per quanto i veri e propri risultati in tal senso siano stati ottenuti dopo circa vent’anni: solo nel 1996 l’inchiesta sul caso Impastato fu riaperta, in seguito alle affermazioni del pentito Salvatore Palazzolo che indicò come mandanti dell’omicidio Badalamenti e Vito Palazzolo; era stata proprio la famiglia Impastato a chiedere la riapertura del caso.
Il giorno della sua morte, a Cinisi si tenne la prima manifestazione di piazza contro la mafia a cui parteciparono migliaia di giovani e quest’anno numerose iniziative lo hanno ricordato. A Cinisi è stato organizzato un presidio presso il casolare dove Impastato è stato ucciso; a “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” è stato ricordato un Peppino a tutto tondo tramite fotografie, spettacoli teatrali, concerti e convegni sul lavoro. Impastato non si occupò solo di mafia ma anche di altri temi tra cui la politica – si era candidato alle elezioni comunali con Democrazia proletaria – con una speciale attenzione verso il tema dell’ecologia e dell’emancipazione femminile.
Nel programma “Onda pazza” faceva satira su mafiosi e politici e con ironia Cinisi veniva trasformata in Mafiopoli, il corso Umberto I in corso Luciano Liggio (boss di Cosa Nostra).
Gaetano Badalamanenti veniva appellato invece come “Tano Seduto” ed è nella sua casa confiscata che “Radio Cento Passi” va in onda dal 2014. Esiste già dal 2010 come web radio, ideata dagli amici di Impastato, e trasmette anche fuori dalla Sicilia.
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