Ombretta Ingrascì a Berlino: le donne di mafia e la storia del boss Emilio di Giovine

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 Mercoledì 10 dicembre Mafia? Nein, Danke! e.V. ha ospitato la professoressa Ombretta Ingrascì, dall’Università Statale di Milano, studiosa del fenomeno mafioso ed in particolare del ruolo delle donne all’interno di esso.

Due sono stati gli eventi di cui è stata protagonista: la lezione “Donne e mafia: dalla partecipazione al pentitismo”, in collaborazione con l’Istituto di Romanistica dell’Università Humboldt all’interno dell’iniziativa “Dies Italicus”, e la presentazione del suo libro “Confessioni di un padre. Il pentito Emilio di Giovine racconta la ‘ndrangheta alla figlia”, presso la libreria Mondolibro.

Il ruolo delle donne nel sistema maschile e maschilistico della mafia è ancora poco studiato e conosciuto. Se da una parte il binomio donna-crimine è difficilmente accettato, in quanto vìola le aspettative sociali, dall’altra si fa spazio un nuovo cliché, quello delle “Lady Boss” istigatrici.
In questa confusione, il recente aumento del numero di collaboratrici di giustizia ha permesso agli studiosi di approfondire il ruolo da loro ricoperto, cogliendone la complessità e sorpassando la vecchia visione dicotomica.

La prof. Ingrascì ci offre una panoramica dei risultati dei suoi studi dedicati a questo tema, accompagnandoli da esempi di storie vere, come quello della moglie di Riina o della giovane testimone Rita Atria. Ci spiega come la condizione delle donne all’interno del sistema mafioso oscilli tra complicità e subordinazione. Sono due i ruoli fondamentali che ella investe, spesso contemporaneamente. Quello tradizionale, nel quale è la responsabile del processo educativo e della trasmissione della cultura e del codice mafioso. La donna rimane ancora “proprietà” del clan, che ad esempio decide del suo matrimonio. Quello criminale è il secondo, che la vede parte attiva nello svolgimento del crimine, nei ruoli che più le si addicono: dal garantire il collegamento con il carcere alla gestione del settore economico-finanziario (le donne sono in media più istruite degli uomini), passando per il traffico di stupefacenti. Alcune donne di mafia hanno anche ricoperto il ruolo di capo mandamento, come Nunzia Graviano nel quartiere di Brancaccio, Palermo.

Nel secondo evento invece si parla di una figura particolare, alla quale è dedicato il suo libro. E’ il pentito di ‘ndrangheta Emilio di Giovine, il “re dell’hashish”. A capo di una delle famiglie più potenti, che gestisce le piazze dello spaccio nella Milano degli anni ’80, di Giovine conduce una vita “cinematografica” da boss, fino a quando (già in carcere al 41 bis) riceve una lettera dalla figlia minore. Lei gli dice di sentirsi orfana, lo accusa di non essere mai stato un padre per lei, e lui compie una metamorfosi. Inizia a collaborare con la giustizia, diventando uno dei pentiti più preziosi.

Il libro nasce da una serie di interviste, condotte dalla Ingrascì a di Giovine dal 2011 al 2013. Ombretta ed Emilio usano l’espediente di una lettera alla figlia per raccontare la sua storia, un viaggio attraverso gli anni che hanno visto lo sviluppo e il radicamento della ‘ndrangheta al nord, sovvenzionata da traffici internazionali, seguendo la storia di una cosca mafiosa in cui le donne hanno rivestito un ruolo centrale nel successo della famiglia. L’autrice si sofferma a descriverci l’esperienza dell’intervista ad un boss mondiale. Riuscire a filtrare la verità, non rimanere affascinati dal personaggio ma restare oggettivi e imparziali di fronte alla realtà delle sue azioni, e riuscire a trasmettere un quadro completo e obiettivo al lettore, hanno reso il lavoro di ascolto e stesura particolarmente impegnativo.

Con un approfondimento sul pentitismo e vari appunti metodologici l’autrice accompagna e aiuta il lettore nella scoperta di un fenomeno sociale e di un soggetto psicologico molto complessi.

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 Ombretta Ingrascì, dopo aver conseguito un Ph.D. in Storia al Queen Mary College della University of London ha iniziato la sua attività come studiosa della criminalità organizzata presso università, ONG e istituti di ricerca. Ha dedicato la sua ricerca allo studio del ruolo delle donne all’interno della società mafiosa. È membro del Comitato antimafia del Comune di Milano e vicedirettrice della “Summer School on Organized Crime” dell’Università Statale di Milano.

 

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