Mafia vietnamita a Berlino

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Non si parla molto della mafia vietnamita a Berlino, ma il 29 giugno è avvenuto un fatto eclatante: l’irruzione della polizia in un appartamento in Rhinstraße (Friedrichsfelde), che ha fatto seguito a un’indagine sul sospetto di tratta di esseri umani e di lesione personale grave. Due uomini hanno cercato di fuggire, ma sono caduti dal quinto piano: uno è morto, l’altro è gravemente ferito e ricoverato in ospedale; erano presenti anche altri due giovani sospettati tra i 15 e i 34 anni, che sono stati arrestati.

Come accaduto per la mafia italiana, la caduta del Muro ha coinciso con la possibilità di arricchimento: i vietnamiti che vivevano a Est erano Gastarbeiter, i quali decisero per lo più di non tornare a casa dopo il 1989; a Ovest vivevano gli ex rifugiati di guerra. La maggior parte dei vietnamiti ha risposto alle difficoltà di integrazione lavorando onestamente, spesso con orari di lavoro molto prolungati; guadagnare in modo legale è sembrata una strada troppo impervia a coloro che entrarono a far parte della mafia vietnamita, che iniziarono a specializzarsi nella vendita illegale di sigarette; a loro si aggiunse poi una parte degli emigrati che arrivarono in Germania dopo la riunificazione.

Negli anni al contrabbando di sigarette si sono aggiunti il traffico di armi, la tratta di esseri umani e la prostituzione; anche il traffico di droga è un forte interesse della mafia vietnamita, in particolare le droghe leggere, soprattutto la marijuana, le cui piantagioni vengono coltivate all’interno di appartamenti affittati con questa finalità.

Negli anni Novanta si sono verificate guerre tra bande, ma sarebbe impossibile parlare di un numero preciso di morti, dal momento che molte non sono state denunciate: è possibile dire però che tra il 1992 e il 1996 sono morte 39 persone. Un episodio noto risale al maggio 1996, quando a Marzahn si verificò l’esecuzione di sei giovani vietnamiti, riconducibile alla lotta di potere allora in corso tra due bande rivali, gli esecutori Ngoc-Thien e i Quang Binh. A dimostrazione della brutalità anche di questi ultimi, pare che abbiano sparato a cinque persone, tra cui due donne, in un alloggio per rifugiati di Marzahn: questo episodio è rimasto impunito.

La politica, nello specifico l’allora senatore degli Interni Jörg Schönbohm (CDU) tese a utilizzare questo problema per lanciare una campagna di espulsione che avrebbe potuto coinvolgere anche i vietnamiti non coinvolti nella criminalità organizzata. La LKA costituì il “Gruppo investigativo Vietnam” (Ermittlungsgruppe Vietnam), che permise di trovare tra gli altri il padrino della banda Ngoc-Thien: al processo ai componenti della banda, di 16 imputati 13 sono stati condannati per i reati di omicidio e di appartenenza a un’organizzazione criminale. Il capo fu condannato all’ergastolo per omicidio e tentato omicidio plurimo; ha continuato comunque a esercitare il suo potere, dato che nel 2005 un ex-affiliato ha rinunciato a portare la propria testimonianza perché da lui minacciato in aula.

All’epoca l’attenzione posta su queste bande criminali condusse al calo della violenza nel commercio illegale di sigarette, ma negli ultimi anni la mafia vietnamita ha proseguito in questo traffico già di per sé prospero, con una vendita annua solo a Berlino di 330 milioni di sigarette illegali, con un danno fiscale di circa 55 milioni di euro. Una particolare attenzione meriterebbe anche la produzione di metanfetamina, poiché la maggior parte di quella venduta a Berlino proviene dai laboratori vietnamiti di droga della Repubblica Ceca.

Questi problemi non solo non sono mai stati risolti, ma sono stati accresciuti e ampliati dalla facilità con cui adesso è possibile fare rete con altre criminalità organizzate: l’ultimo episodio potrebbe accendere di nuovo l’attenzione su di essi.