Come fare memoria antimafia oggi in Germania

Borsellino & Bellardita 2

La settimana scorsa si sono svolti diversi incontri con Fiammetta Borsellino (figlia del giudice Paolo Borsellino) e Alessandro Bellardita (giudice italo-tedesco e autore del libro “La fine delle mafie”) a Monaco di Baviera. Ad organizzarli è stato il Com.It.Es. di Monaco insieme all’Istituto Italiano di Cultura, il Circolo Cento Fiori, l’associazione “La Paranza e.V.” e l’Istituto di filologia italiana della LMU. Il gruppo bavarese di mafianeindanke ha volentieri sostenuto l’iniziativa e partecipato attivamente agli eventi. Questo articolo vuole raccontare cosa è stato detto e aprire una discussione più ampia su cosa vuol dire fare “memoria antimafia” in Germania oggi.

Quest’anno ricordiamo un anniversario importante per il movimento antimafia italiano: i 30 anni dagli attentati dinamitardi che costarono la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e a tutt* gli uomini e le donne delle loro scorte. Dopo la morte dei due giudici palermitani, diventati simbolo della lotta a Cosa Nostra soprattutto dopo il maxi processo del 1986, la reazione della società civile siciliana e italiana fu molto forte. È dalle proteste dei primi anni ‘90 che nacquero molti movimenti e organizzazioni antimafia, tra i quali Libera, con la quale anche la nostra associazione collabora. In Italia tutt* conoscono i giudici Falcone e Borsellino, ma fuori dall’Italia?

Nel 2020 abbiamo aiutato Maria Falcone (sorella del giudice) a raccogliere materiali e testimonianze della rilevanza del fratello anche per la lotta alla mafia in Germania. Come scrivevamo in questo articolo, siamo convinti che anche la Germania abbia bisogno di “eroi antimafia”: non tanto perché riteniamo auspicabile che qualcuno si immoli e sacrifichi la propria vita per questo scopo (cosa che anzi riteniamo sbagliata per i motivi di cui sotto), ma perché figure simboliche e conosciute da tutt* svolgono per qualunque argomento si voglia trattare un ruolo centrale nel diffondere consapevolezza sulla rilevanza del tema in tutta la società. Non abbiamo bisogno di eroi isolati che facciano il loro lavoro, abbiamo bisogno che tutta la società civile (magari guidata dagli esempi di questi “eroi”) sia antimafiosa.

Proprio a tal proposito, la premessa di ciascun evento è stata la famosa frase di Falcone La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.

Ci si è chiesti però come possiamo arrivarci a questa fine tanto agognata e SE esista davvero una fine delle mafie. A questa domanda Fiammetta Borsellino ha risposto che appunto “non è necessario essere magistrati o poliziotti per combattere la mafia; anzi senza una società civile che collabora nella ricerca della verità, gli uomini e le donne delle istituzioni non sono davvero effettivi” e che “più ci si impegna, meglio sarà. Ma non esiste una “vittoria” così grande che ci farà smettere di impegnarci per la cultura della legalità. Perchè non appena si abbassa la guardia, le mafie tornano, adeguandosi ai contesti cambiati. Non è un caso che la mafia oggi investe in borsa, si inserisce nel tessuto amministrativo e politico. Le responsabilità sono più difficili da invididuare

E viene infatti da chiedersi: se dopo gli attentati di Capaci e via d’Amelio non fossero nate queste organizzazioni della società civile, se i familiari delle vittime di mafia non si fossero impegnati per raccontare queste storie nelle scuole e in altri eventi, oggi che la mafia anche in Italia uccide di meno (o meno clamorosamente) si rischierebbe di avere una scarsa consapevolezza come in Germania e altri paesi d’Europa?

Questa domanda provocatoria vuole sottolineare ancora una volta il ruolo della società civile e dell’importanza di parlare apertamente delle cose. Proseguendo su questo ragionamento, ci chiediamo: se in Italia questo lavoro di sensibilizzazione ha funzionato (anche se ovviamente non è giunto ad un suo compimento), perché non prenderne ispirazione per fare un lavoro simile anche qui in Germania?

Vediamo come ne hanno parlato Alessandro Bellardita e Fiammetta Borsellino con i ragazzi e le ragazze dei licei di Monaco.

Fiammetta Borsellino raccontava che suo padre non appena aveva un attimo di tempo non andava a parlare in TV, ma nelle scuole. Perchè era convinto che la mafia si nutrisse del consenso giovanile. “Essere mafiosi non vuol dire solo far parte di un’organizzazione criminale, essere mafiosi è anche condividerne la cultura della prevaricazione e della violenza, dire di sì al guadagno facile. È ragionando con la vostra testa e interessandovi agli altri, alla tutela dei luoghi pubblici e condivisi che fate antimafia”.

Alessandro Bellardita ha parlato di fare antimafia partendo invece dal concetto di Libertà. Secondo lui non si parla abbastanza di cosa la mafia faccia con il nostro tessuto sociale, ed è con questi esempi concreti che è più facile aprire gli occhi alle persone. Prendiamo ad esempio la libertà imprenditoriale. Quest’ultima viene attaccata tutti i giorni dalla mafia, perchè il problema più grande della mafia sono i soldi da riciclare e il modo più semplice per farlo è fondando delle imprese, facendo business. Gli imprenditori mafiosi non hanno però gli stessi problemi di finanziamento degli imprenditori normali, perché hanno a disposizione un capitale enorme. Fanno quindi concorrenza sleale, (ri)vendendo ad esempio prodotti simili a prezzi ridotti o sottopagando la propria manodopera. A tal proposito un altro esempio di libertà minacciata dalle mafie è la libertà di essere una minoranza. Quest’ultima viene tutelata dai diritti costituzionali e non è un caso che proprio le minoranze in Italia soffrano in particolare per le attività mafiose (si pensi ai migranti sfruttati come manodopera nel settore agricolo, come descrivevamo in questo articolo). Un’altra libertà intaccata dalla mafia è la libertà di stampa. Non a caso tra le categorie più colpite dalla violenza mafiosa ci sono i giornalisti (da ultimi si vedano anche in Europa l’assassinio di Jan Kuciak e Peter de Vries). Come ha detto Bellardita: “la stampa, il quarto potere, ha un ruolo fondamentale di controllo esterno delle istituzioni. Se non ci fosse la stampa noi dovremmo andare tutti i giorni a Berlino ad informarci su cosa viene discusso nel Bundestag. Ma non abbiamo tempo per farlo e a quello servono i giornalisti. Se però i giornalisti hanno paura per la propria vita, o finiscono a non scrivere di mafia e altri temi scomodi, o devono vivere sotto scorta come al momento stanno facendo 12 giornalisti italiani”.

Troviamo interessante quanto parlare della vita di tutti i giorni, di esempi concreti che riguardano l’interazione fra individui e il funzionamento delle istituzioni sia sostanzialmente fare antimafia, semplicemente guidati dal principio secondo il quale “la Libertà è quando si dice di no, è quando smette la paura”.

All’evento del 20 ottobre aperto al pubblico, le nostre attiviste del gruppo bavarese hanno poi esplicitamente chiesto come si dovrebbe parlare di mafia in Germania e sensibilizzare i tedeschi al problema.

Ci è stato detto che „bisogna rompere le scatole ai politici soprattutto locali (anche a ridosso delle elezioni a livello di Länder), chiedere ai politici che cosa fanno contro la mafia. Bisogna anche fare un lavoro a livello scientifico e teorico e costruire una rete di contatti più strutturata. È importante partire dai giovani, così come si fa in Italia, e parlarne, parlarne, parlarne”.

Insomma, come ha detto Fiammetta Borsellino: “della memoria sterile, del nome di una piazza dedicata a mio padre non me ne frega nulla. Ha senso fare memoria solo se le loro esperienze di vita, di onestà, di amore per la propria città, continuano a camminare sulle gambe di altre persone. La cultura della legalità deve diventare il patrimonio di un popolo.

Che dire. Ci auguriamo che la cultura della legalità diventi sempre di più anche patrimonio della società civile tedesca, e che questi momenti di memoria diventino sempre più internazionali e trasversali, perché è proprio nell’isolazione di alcun* eroi e nel pensare che la mafia sia solo un problema di alcune regioni o alcuni stati che si favorisce la diffusione della criminalità organizzata.

Intanto noi di mafianeindanke continueremo ad impegnarci, scrivere e parlarne e chissà: potremmo prendere spunto da questa risposta per l’anno prossimo, visto che ci saranno le elezioni per il rinnovo del parlamento bavarese.

C’è ovviamente ancora molto da fare, e da discutere. Se volete farlo potete andare ad esempio al prossimo incontro con Alessandro Bellardita (sempre organizzato dal Com.It.Es. di Monaco di Baviera insieme alla Società Dante Alighieri di Augsburg ) l’11 novembre prossimo ad Augsburg (ore 19:00 presso il Maria-Theresia-Gymnasium).

Una videoregistrazione dell’evento la trovate qui: https://fb.watch/goRQbOzBC_/