Una possibilità per le detenute del carcere di massima sicurezza – Milano

È la sera del 4 marzo all’ Università di Milano. Sono le 20 meno un quarto e nei corridoi scarsamente illuminati pochi individui si muovono verso l’aula magna. Una sessantina di persone si è ritrovata lì per assistere ad un evento unico.  Alcune donne detenute nel carcere femminile di alta sicurezza di Vigevano terranno uno spettacolo. Non è uno spettacolo qualsiasi che metteranno in scena, ma è una raccolta di racconti veri. Racconti di storie di vita vissuta che appartengono alle attrici stesse, protagoniste in scena così come nella realtà.  Sono tutte protagoniste in questo spettacolo. Ognuna racconta un ricordo tratto dalla vita di un’altra. Si tratta di donne condannate per associazione mafiosa.

Dopo una breve introduzione da parte del professore Nando Dalla Chiesa, gli spettatori vengono pregati di sedersi sul palco e di scendere solo quando gli verrà chiesto.  Dentro l’aula è buio e la canzone “Comincia adesso” di 99 Posse suona a tutto volume dagli altoparlanti. “Comincia adesso a pensare, comincia adesso a gridare, comincia adesso a zompare, comincia adesso a lottare”. Non appena il pubblico si è seduto in cerchio sul palco la musica svanisce e comincia lo spettacolo. Le storie vengono raccontate tramite dei ricordi d’ infanzia, delle scene vissute, rimaste impresse nella memoria. Le protagoniste ci affidano i torti subiti, i dolori e i sentimenti provati nell’ arco di una vita, scoprendosi come madri, figlie, mogli, amanti e soprattutto donne. Ci mostrano il loro passato, i momenti più intimi delle le loro vite e ci parlano del loro essere donne in un mondo di uomini. Sì, perché la malavita è una cosa “da uomini”. Molti sono racconti di infanzia e dei legami coi loro padri. Tramite canzoni e brevi monologhi ognuna di loro mette alla luce la verità di un’altra, interpretando la storia di una compagna. Si percepiscono l’emozione e l’orgoglio legati a questo progetto. È chiaro che non deve essere stato semplice mettersi a nudo, spogliarsi dei panni di donna di mafia e indossare quelli di Donna e basta. Per questo è comprensibile il voluto anonimato.

Alla fine dello spettacolo viene voglia di abbracciarle, di dire loro che sono state coraggiose e forti e che ci hanno regalato un’esperienza bellissima, unica e irrepetibile. Sentire da loro stesse come i loro percorsi di vita si siano indissolubilmente intrecciati con le diverse realtà mafiose e avere avuto l’opportunità di carpire un aspetto inedito del fenomeno mafioso, come quello legato alle vite spezzate, alle infanzie negate, alle speranze deluse, ai sogni infranti di decine e decine di persone, soprattutto donne e bambini, che prima di essere mafiose sono esseri umani, è stato uno dei maggiori successi del progetto. Ognuna di queste donne ha la sua storia, ognuna ha sofferto e ognuna di loro ha avuto il coraggio di parlare. Tutte hanno dimostrato una mirabile forza d’ animo e ci hanno ricordato che, pur avendo sbagliato e collaborato con la criminalità organizzata, sono ancora vive e sono ancora lì seppur detenute. Libere di parlare ed esprimersi, testimoni di una realtà spietata che sembra non lasciare scampo ma che in realtà si può e si deve combattere a partire proprio dalla Parola.

Le attrici si inchinano e accolgono gli applausi, sorridenti ed orgogliose di loro stesse, felici di avercela fatta. Il pubblico, evidentemente commosso e coinvolto conserverà nella mente belle immagini di un’esperienza emotivamente indimenticabile, dalla quale molteplici sono gli spunti da poter trarre e sui quali ragionare e aprire un dibattito.

Comincia adesso a pensare. Comincia adesso a gridare. Comincia adesso a zompare. Comincia adesso a lottare. Le carcerate di Vigevano hanno cominciato. Hanno fatto un passo in avanti nella lotta contro le mafie. Hanno coraggiosamente sfidato l’omertà e rotto il silenzio invitandoci ad entrare per 50 minuti nel loro mondo, il mondo della malavita e della criminalità organizzata.

Costanza, Medea, Rossana