mafianeindanke – la più grande ribellione al pizzo fuori dall’Italia

Di Laura Garavini

Le notti erano la parte più difficile. Durante il giorno ci siamo incontrati, abbiamo discusso, abbiamo pensato insieme come affrontare meglio il pericolo. Di sera, fino a quando i ristoranti erano pieni di gente, tutti ci sentivamo più sicuri. Ma dopo, quando l’ultimo ospite se ne era andato a casa, quando si mettevano sù le sedie e veniva chiusa la porta, allora arrivava la paura.

I camorristi avevano dimostrato di fare sul serio con le loro minacce. Per dare seguito alle loro estorsioni mafiose, nelle notti precedenti avevano dato fuoco ad un ristorante e ad una macchina. Tutto questo non stava succedendo in un qualche paesino sperduto del Sud Italia. Ma in mezzo a Berlino, in una delle metropoli più importanti d’Europa.

Ricordo ancora bene la notte che ho trascorso insieme ad una ristoratrice campana e ad un amico nel suo ristorante nei pressi della Torstrasse, non lontano dalla Alexanderplatz. Facevamo così in quei giorni: passavamo le notti lì, per non lasciare da soli i titolari minacciati e per proteggere i locali con la nostra presenza. La ristoratrice mi raccontava che aveva lasciato l’hinterland napoletano proprio per scappare da una realtà in cui la presenza camorrista rendeva la vita impossibile. Era venuta in Germania, a Berlino, per vivere una vita tranquilla. E adesso viveva sulla propria pelle il fatto che le mafie ormai non agiscono più solamente nel Sud dell’Italia, ma si muovono a livello internazionale, in tante parti d’Europa e del mondo. Si spostano per fare affari trafficando droga, o per riciclare denaro sporco, o a volte anche per praticare il loro vecchio `business´ delle estorsioni. Come hanno fatto nel dicembre del 2007, a Berlino.

Sei mesi prima tutta l’Europa aveva dovuto prendere atto che le mafie non conoscono più frontiere. Nell’agosto del 2007 dei killer della ‘ndrangheta erano stati mandati a Duisburg da San Luca per regolare i conti fra due clan. La guerra mafiosa trascinava la sua traccia di sangue fino in Germania. Il giorno di Ferragosto, mentre nella cittadina tedesca era in corso un rito di affiliazione ‘ndranghetista, i killer irrompevano sulla scena e uccidevano sei uomini.

Anche in Germania l’opinione pubblica era scioccata. Da un lato ci si rendeva conto che le mafie erano diventate un problema europeo. Ma d’altro lato la strage di Duisburg fece rispuntare i peggiori pregiudizi verso gli italiani in generale. Di punto in bianco sembravano messi in questione anni di amicizia reciproca, la stima e il rispetto maturati nei decenni, l’attenzione e l’apprezzamento per gli amici italiani, immigrati della prima ora in Germania. Sembrava di essere ripiombati negli anni ’70, ai tempi in cui lo Spiegel titolava la prima pagina con un piatto stracolmo di spaghetti su cui troneggiava una pistola fumante, al posto del parmigiano.

‘Dove c’è pizza c’è mafia’, scrivevano diversi giornali. La Bild Zeitung titolava ‘Chi va in pizzeria arrotonda il pizzo’. Alcuni ristoratori a Berlino mi raccontavano che anche in taxi gli veniva chiesto se fosse ancora sicuro andare a mangiare nei ristoranti italiani. Questi pregiudizi, che ci trovammo a dovere affrontare nei giorni successivi Duisburg, facevano molto male. E producevano rabbia. Anche per questo, fra noi italiani a Berlino, si è diffuso il bisogno di reagire. Non potevamo accettare una cosa del genere. Già eravamo rimasti scioccati dalla brutalità di questa mattanza, che ha catapultato la peggiore violenza ‘ndranghetista nel cuore della nostra nuova patria, l’Europa. E a maggior ragione non potevamo tollerare che questa piaga facesse riaffiorare pregiudizi di vecchio stampo, seppelliti da tempo.

Proprio per questo abbiamo creato Mafia? Nein danke!. Con l’obiettivo di dare un contributo ad affrontare a livello internazionale un fenomeno ormai globale e con la voglia di dimostrare che l’Italia non significa mafia, bensì antimafia. Quell’antimafia per cui in Italia sono cadute migliaia di persone di valore: magistrati, politici, poliziotti, sindacalisti, gente comune, gente perbene.

Come comunità italiana a Berlino ci siamo detti: se la ‘ndrangheta è così spietata da internazionalizzarsi e osa ammazzare nel centro dell’Europa, beh… Allora bisogna che anche l’antimafia si globalizzi e dimostri quanto vale, anche fuori dai confini nazionali. Vogliamo che sia l’antimafia ad essere percepita dall’opinione pubblica tedesca come la vera italianità. Non è vero che dove c’è pizza c’è mafia. È vero esattamente il contrario. Dove c’è pizza, c’è chi sa dire NO alla mafia.

Ecco. Mafia? Nein danke! è nata così. Mentre la strage di Duisburg riempiva la stampa e i telegiornali tedeschi, ho preso contatto con ristoratori, piccoli e medi imprenditori, italiani operanti a Berlino. Tutta gente a posto che conoscevo da anni.

Come immaginavo, la loro risposta è stata positiva. Ci hanno messo subito la faccia. Persone come Pino Bianco, Fabio Angilè, Gino Puddu, Enzo di Calogero, Massimo Mannozzi. Persone con background diversi, ma tutti capaci di realizzare attività imprenditoriali di successo, fonti di lavoro e di benessere economico, per la comunità italiana berlinese.

Per organizzarci ci siamo ispirati ad Addiopizzo, l’associazione della società civile creata in Sicilia solo un paio di anni prima – da studenti, casalinghe, gente normale – decisa a dire basta a cosa nostra e a tutti i taglieggiatori della mafia. Li ho contattati, i ragazzi di Addiopizzo. Mi sono confrontata con loro. Abbiamo valutato insieme una strategia di azione. E così abbiamo esportato in Germania un vero prodotto `made in Sicily´: l’assunzione di impegno scritta con la quale i proprietari di attività commerciali si impegnano a non pagare il pizzo e a denunciare alla polizia eventuali estorsori. Ma anche a non acquistare merce proveniente da chi è in rapporti con la criminalità organizzata, né ad assumere personale imposto dalle mafie.

Abbiamo avuto un riscontro molto positivo. Dopo il lancio dell’iniziativa, in una conferenza stampa il 21 agosto 2007, la rete di contatti fra i ristoratori italiani a Berlino si allargava di settimana in settimana. Poi, proprio quando l’argomento sembrava diventare meno attuale, a Berlino compariva il clan camorrista Mazzarella. Il 19 di dicembre del 2007, prima di Natale, due dei loro hanno visitato i ristoranti italiani per intimorire i ristoratori e per chiedere, in piena tradizione mafiosa, delle ´offerte` per parenti camorristi in carcere. Lo facevano – anche questo è tipico per estorsioni mafiose – lasciando intravedere che si muovevano armati e lasciando intendere che sarebbe successo qualcosa di brutto qualora ci si rifiutasse di pagare queste ´offerte`.

In questa situazione la rete di Mafia? Nein danke! si è rivelata fondamentale. La maggior parte dei gastronomi minacciati si sono messi in contatto con noi. Ci hanno chiesto aiuto. Tutti ci davamo forza a vicenda. E grazie ai contatti che come associazione Mafia? Nein danke! avevamo stabilito con le forze dell’ordine tedesche, abbiamo coinvolto il responsabile della polizia berlinese, Bernd Finger, che ha subito predisposto misure di protezione. Nel giro di sole due settimane oltre cinquanta ristoratori hanno denunciato. Esattamente ciò che si erano impegnati a fare nel momento in cui avevano aderito a Mafia? Nein danke! e avevano sottoscritto l’assunzione di impegno.

Le denunce poi alla fine sono state la base per il successo dell’operazione della polizia. Alcuni ristoranti venivano tenuti sotto osservazione da agenti in civile. In altri ristoranti noi di Mafia? Nein danke! passavamo le notti. I gastronomi coinvolti venivano istruiti, anche in via preventiva, su come comportarsi al meglio, nel caso in cui i camorristi si fossero presentati. E proprio da una situazione di questo tipo è nata la cattura degli estorsori. Un cameriere aveva visto la macchina con cui i camorristi andavano via. Nel giro di poche ore scattavano le manette e la polizia berlinese arrestava i due malviventi.

Alla fine ciò che speravamo di fare con Mafia? Nein danke! ha funzionato. I gastronomi italiani a Berlino sono stati il contrario delle tre scimmiette, che di solito non vedono, non sentono, non parlano. E invece hanno visto, hanno sentito e hanno parlato. Fra di loro, anche grazie alle rete di Mafia? Nein danke!. Alla fine è stata la più grande rivolta contro le mafie mai avvenuta fuori dall’Italia. La comunità italiana in quei giorni difficili ha dimostrato in modo impressionante che gli italiani non sono tutti mafiosi. Anzi. Sono quelli che hanno il coraggio di dire NO alle mafie e si rifiutano di pagare il pizzo, mandando in galera i mafiosi che provano ad esercitare il loro potere omertoso.

La polizia tedesca dopo questo successo ha segnalato l’iniziativa Mafia? Nein danke! ad Eurojust come best practice, cioè come modello da seguire a livello europeo nella lotta contro la criminalità organizzata.

Mafia? Nein danke! non si è conclusa con l’arresto dei due camorristi nel dicembre 2007. Oltre a continuare l’attività di prevenzione del pizzo e di assistenza ai ristoratori, l’associazione organizza ogni anno una serie di iniziative internazionali sul tema delle mafie, dibattiti con le scuole, eventi culturali come proiezioni di film e spettacoli teatrali. Il tutto ha il suo culmine nella ‘Festa della legalità’, che si tiene ogni anno a Berlino e che offre una fitta agenda di appuntamenti a chi è interessato ai temi della giustizia e della lotta al crimine.

Fra gli ospiti che hanno partecipato negli scorsi anni alla Festa della legalità vi sono ad esempio l’attuale Presidente del Senato, Piero Grasso, i magistrati Raffaele Cantone, Antonio Ingroia, Carlo Caponcello, Alberto Cisterna, oppure esponenti della società civile come Don Marcello Cozzi, Enza Rando, Tano Grasso, Nando Dalla Chiesa, ma anche uomini e donne del mondo della cultura, come le scrittrici Laura Aprati, Petra Reski, Jürgen Roth o della politica, come Beppe Lumia, Francesco Forgione, Alessandra Clemente.

La principale sfida di Mafia? Nein danke!, attualmente, è quella di contribuire alla diffusione, all’interno della società tedesca e di quella europea, di una maggiore consapevolezza della presenza e della complessità del fenomeno mafioso. A livello internazionale le mafie sono ancora troppo spesso legate ad un immaginario collettivo distorto, volto ad interpretarle come un qualcosa di folcloristico, lontano dalla vita quotidiana, spesso persino affascinante.

Viceversa la criminalità organizzata purtroppo è ormai molto diffusa anche in tutta Europa. Non risponde più ai classici canoni conosciuti attraverso i grandi colossal cinematografici e ha assunto livelli di pericolosità difficilmente contenibili.

È una grande holding internazionale, capace di mettere in ginocchio interi settori dell’economia legale. Ecco perchè Mafia? Nein danke! si impegna affinché le mafie siano combattute adeguatamente anche su scala internazionale.

Il lavoro cominciato con Mafia? Nein danke! lo sto portando avanti da qualche anno nel Parlamento italiano attraverso la mia presenza in Commissione Antimafia. Una delle priorità del mio agire, politico ed istituzionale, consiste proprio nel migliorare le leggi, sia a livello nazionale che europeo, per una lotta più efficace alle mafie. Bisogna combattere meglio il riciclaggio di denaro sporco, bisogna colpire le infiltrazioni mafiose nell’economia legale (cosa che non è affatto soltanto un problema italiano), bisogna rendere più facile la confisca di beni mafiosi in Europa là dove un mafioso condannato ha dei patrimoni in un altro Paese.

In Germania, anche su sollecitazione di Mafia? Nein danke! abbiamo raggiunto un importante risultato: la Germania ha recepito la legge quadro europea 783/2006, che consente l’esecuzione di sentenze di confisca emesse in un Paese europeo anche negli altri Stati membri. Tuttavia, ci sono ancora diverse battaglie da vincere. Nella lotta alla criminalità organizzata, infatti, la cooperazione tra Italia e Germania ed in generale tra i diversi paesi europei potrebbe essere molto più efficace.

Ma Mafia? Nein danke! a Berlino ha creato anche un simbolo di speranza che cresce ogni giorno. Nella nostra prima Festa della legalità abbiamo organizzato un incontro fra il sacerdote antimafia Don Cozzi e gli studenti italo-tedeschi della Europaschule Albert Einstein. Era un dibattito toccante, in sui si è avvertito un interesse profondo da parte degli studenti. Alcuni di loro nel corso di soggiorni in Italia attraverso i propri familiari avevano avuto contatto con la realtà mafiosa in Italia e ci hanno raccontato le loro esperienze, vissute in prima persona. Alla fine, insieme, siamo andati nel giardino della scuola e abbiamo piantato l’albero della legalità. Un albero bellissimo, che continua a crescere ogni giorno ancora oggi, curato dagli studenti italiani e tedeschi dell’istituto.

E il lavoro di Mafia? Nein, danke! a Berlino continua. Con il nuovo Presidente Sandro Mattioli, un giornalista molto in gamba che ha fatto inchieste importanti sulle ecomafie anche per grandi testate tedesche. Con il suo predecessore, Bianca Negri, ideatrice della rassegna `Donne e mafia` o con Luigino Giustozzi, animatore da anni di un’instancabile attività di volontariato rivolta alle scuole e ai giovani. Con gli attivisti delle prime ore, Pino Bianco e Fabio Angilè, e con i tanti giovani che si interessano e si impegnano, insieme a noi, per la legalità.

Tutti loro e l’albero della legalità, che continua a crescere, sono la prova che l’idea iniziale di Mafia? Nein danke! funziona ancora: le mafie sono un problema sempre più internazionale. Dunque anche il contrasto alle mafie deve diventare sempre più internazionale, anche da parte della società civile. Inoltre essere italiano non significa essere mafioso, bensì significa essere contro le mafie. Proprio come noi, italiani promotori a Berlino di Mafia? Nein danke!

Mafia? Nein danke! – la più grande ribellione al pizzo fuori dall’Italia