Senza le donne la mafia non esisterebbe. Intervista all’autrice Mathilde Schwabeneder

Die Stunde der Patinnen - von Mathilde Schwabeneder

Mathilde Schwabeneder ha lottato in prima persona, ha tenuto colloqui con i detenuti, per scoprire quale sia oggi il ruolo delle donne nella mafia. I risultati della ricerca sono stati raccolti nel libro „Die Stunde der Patinnen“. La presentazione dell’opera a Berlino è stata organizzata e realizzata da Mafia? Nein, danke! e.V. in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

  • La ‘Ndrangheta è molto cambiata negli anni, ma le donne non possono ancora essere membri formali dei gruppi criminali. Quanto sono importanti per i clan?

Le donne sono sempre state importanti nelle dinamiche dei clan, e chi afferma il contrario mente. Non solo hanno da sempre cresciuto i bambini che sarebbero divenuti i mafiosi del domani, ma hanno anche costantemente avuto la consapevolezza del contesto in cui erano coinvolte, agendo nei “retroscena”.
Ora le cose sono cambiate, e le donne possono uscire allo scoperto.

  • Nel frattempo vengono arrestate sempre più donne.

In precedenza non c’erano state accuse contro le donne, ma ora iniziano a ricevere condanne. Spesso prendono il posto del capo clan: nelle ultime due settimane sono state accusate due donne, i quali mariti sono in carcere: avevano preso il comando del clan, recuperavano i soldi del pizzo e gestivano il traffico di droga. Senza le donne la criminalità organizzata non esisterebbe.

  • Queste donne vengono accettate automaticamente dagli uomini?

Non penso che l’accettazione sia automatica, devono dimostrare di avere un carattere forte ed una personalità ben definita, sostenendo i valori “mafiosi”. Quando, ad esempio, vengono delegate dal fratello, allora hanno sicuramente il rispetto da parte del clan, e spesso anche degli altri. Negli altri casi, è molto difficile.

  • Ci sono tuttavia abbandoni da parte delle donne, nei confronti del clan?

Le donne, se lo fanno, sono più decise e coerenti degli uomini: probabilmente è lo spirito materno a guidarle in questa scelta, per proteggere il futuro dei loro figli che a volte sono molto piccoli.
Degli investigatori mi hanno detto che ci sono grandi speranze ed aspettative sui numeri di abbandono delle donne, ma ultimamente anche le cifre riguardanti gli uomini stanno aumentando.

  • Come si è preparata ed ha affrontato gli incontri con le donne?

Per me è stato incredibilmente interessante studiare e prepararmi prima degli incontri. Ho letto molto su queste donne, ho letto le trascrizioni delle intercettazioni, i protocolli, gli atti. Così si formò l’immagine di queste persone. Se poi si siede di fronte a loro direttamente, che è abbastanza sorprendente. Nel caso specifico: quando una giovane donna acquisisce il diritto di amministrare il clan, sembra divenire poi una donna di strada. Se si dovesse vedere in campo aperto, non si potrebbe pensare di quale storia queste donne hanno ciò che hanno già sperimentato tutto e fatto spesso. La comunità di donne è stato un personaggio incredibilmente forte, nel senso che faccio la mia cosa attraverso.

  • Per lungo tempo ha prevalso l’idea che le donne avessero solo il compito di educare i figli ai valori mafiosi. Le donne come crescono realmente i loro figli?

Le donne crescono i propri figli come loro stesse sono state cresciute. Questa è stata per me una grande sorpresa, nonostante io conoscessi già bene l’Italia. Ho iniziato ad incontrare donne nate negli anni ’70 o ’80: sono giovani donne che hanno ricevuto un’educazione di tutto rispetto.
E’ un’immagine dell’universo femminile educato all’omertà, con la scusa della salvaguardia dei valori.

  • Ci sono ancora i matrimoni combinati?

Sì, nel momento in cui c’è un giovane che può essere un buon collegamento con determinati giri di affari: le ragazze sono giovanissime, a volte hanno solo 14 o 15 anni, e l’incontro si trasforma ben presto in un matrimonio. Ad esempio, la testimone di giustizia Giusy Pesce ha circa 30 anni ed ha già una figlia di quasi 20 ed altri due bambini piccoli. Questo tipo di donne non hanno certo i mezzi per potersi costruire una personale visione del mondo, ed è così che educano i loro figli.
Non dimentichiamoci che le mafie sanno cambiare rapidamente ed adattarsi a nuove dinamiche: questo porta con sé anche continue modifiche nell’immagine della donna, che ora con i nuovi mezzo tecnologici come internet e gli Smartphone, non rimangono più recluse in una realtà costruita da qualcun altro per loro.

  • Ci sono casi di donne che cercano una via d’uscita attraverso i nuovi mezzi tecnologici?

Una storia che racconto nel mio libro riguarda una giovane donna condannata a morte: ha cercato una via d’uscita da questo mondo opprimente e devastante, ed ha iniziato una relazione con un uomo. Attraverso questo contatto virtuale ha compreso quanto strano sia il loro mondo. Ha poi cercato di uscirne, ma la storia si è conclusa nel peggiore dei modi, con i suoi genitori rimasti vittime di un omicidio. Il caso non è ancora chiuso, ma sappiamo che sono stato forzati a bere acido cloridrico. Queste intrusioni dall’esterno fanno pensare ai collaboratori di giustizia: ad un certo punto decidono di tirarsi fuori dall’organizzazione, per dare ai loro figli un futuro migliore. Il mezzo di internet ha anche implicazioni negative, ma in questo caso ha aiutato una donna a liberarsi dal giro criminale in cui era caduta.

  • Cosa succede ai bambini in questi casi?

In questo caso particolare, sono rimasti con la famiglia

  • C’è un programma che prevede l’allontanamento dei bambini dalle famiglie mafiose, ed a volte coinvolge anche le donne. Ne ha parlato con le donne che ha incontrato?

Le donne con cui ho parlato io, ne sono uscite da sole.
Ma ad esempio, il caso di Carmela Iucolano conferma che questo programma è di grande aiuto per donne e bambini: ha due bambine tra i 10 ed i 12 anni che sono state supportate nell’uscita dai giri criminali. Per dare ai bambini un futuro diverso è un grande motore. Ma non tutti hanno il coraggio di farlo, perché si tratta di una decisione di vita assolutamente radicale che cambia tutto. Non si può mai tornare indietro, si vive come dei rifugiati, si sa benissimo che probabilmente la tua famiglia sarà coinvolta o colpita dal clan per tutta la vita. Ma è necessario proteggere i figli e poterli crescere in un ambiente migliore. Ho letto di un caso in cui una donna ha contattato i mass media, perché il figlio maggiore voleva tornare di nuovo nell’organizzazione: sono decisioni incredibilmente difficili da prendere. Anche se queste donne si caricano di questo peso sulle spalle, Cappelli fuori prima, quando si può davvero farcela, specialmente se sono in grado di educare i propri figli in modo che possano vivere lontano da questo ambiente. Queste donne sono chiaramente colpevoli di aver caricato sulle spalle dei figli un futuro simile, ma va anche riconosciuta la loro grande forza quando, rendendosene conto, provano a costruire delle occasioni migliori per i loro bambini.

  • Quali “contro-esempi” ci sono?

Una donna della vecchia generazione è andata deliberatamente in prigione, anche se questo significava che non avrebbe mai rivisto i suoi figli.
Le donne più giovani sono diverse, la loro visione del mondo è costruita attraverso la televisione, i social media: non sono più disposte a vivere come prigioniere in casa propria. Nella generazione di madri o addirittura nonne di prima, c’erano alcune donne più forti degli uomini, che hanno anche accettato il fatto che il figlio venisse ucciso, in modo da impedirgli di uscire dal clan. Le madri hanno un ruolo molto difficile: quelle convinte a restare assumono un atteggiamento tale che il mondo della mafia rimane impenetrabile.

  • E’ stata sorpresa da questo diverso modello di donna?

Non mi rendevo conto all’inizio di quanto fosse difficile sfatare certi modelli: queste sono idee tradizionali, che abbiamo a causa delle informazioni che siamo costretti ad incamerare dall’esterno. L’uscita è quindi idealmente difficile. Anche con le giovani, l’immagine della madre è molto importante. In molti casi ho visto che le madri pressano psicologicamente le figlie attraverso i nipoti, in modo che tornino indietro sui loro passi, una volta lasciato il clan. Questa è ovviamente un’azione estrema, che porta le figlie ad essere generalmente monto deluse e distaccate dalle madri, che usano i bambini come ostaggi contro di loro.

  • Quindi secondo lei portare via i bambini è una buona cosa? O proporrebbe altre metodologie?

Si deve dare ai bambini l’opportunità di conoscere ed imparare altro. Ad esempio, prolungare l’orario scolastico potrebbe essere una buona soluzione, ma anche la religione e la chiesa giocano un ruolo importante: questo Papa condanna ogni atteggiamento mafioso, passando direttamente alla scomunica. Ci sono molte brave persone nell’ambiente della Chiesa, che rischiano la loro vita schierandosi contro la criminalità organizzata. Ci sono però anche molti che non prendono abbastanza le distanze, non schierandosi mai: questo rende le cose più difficili.

Signora Schwabeneder, molte grazie per le Sue risposte.
Il libro di Mathilde Schwabeneder, „Il momento della Godmothers – donne ai vertici dei clan mafiosi“, ha vinto il Premium Stiria. Euro 24.99.